Ma quanto cibo sprechiamo?
a cura di Letizia Riccieri
Il paradosso più grande per quanto riguarda l’ambito alimentare si ha nelle cifre.
Nel mondo quasi un miliardo di individui soffrono di fame cronica e altrettanti soffrono invece di obesità. Quindi quasi due miliardi di persone mangiano troppo o troppo poco con gravi conseguenze di salute, economiche, ambientali. Secondo uno studio della FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura) vengono sprecate annualmente 1,3 miliardi di tonnellate di alimenti, dei quali l’80% ancora consumabili.
In Europa si ha uno spreco domestico di 180kg di cibo pro-capite l’anno in media, in Italia gettiamo via 149kg pro-capite di cui la maggior parte sono prodotti latticini (32%), carne (30%), uova (29%), pasta e pane (28%), ortofrutta (17%) e pesce (15%).
In euro la cifra stimata è di 450€ l’anno di prodotti gettati per famiglia.
Ben oltre lo spreco domestico
Si deve però pensare che con spreco di cibo non si intende soltanto quello che buttiamo a casa, ma una catena molto più ampia, che segue tutta la filiera produttiva.
Gli sprechi che avvengono nella prima fase di coltivazione e produzione sono le inadeguate infrastrutture o mezzi agricoli, problemi di stoccaggio e trasporto delle merci. Si stima che il 40% della produzione agricola rimane a marcire nei campi. Del 60% rimanente una parte viene persa durante lo stoccaggio o il trasporto a causa di magazzini o mezzi di trasporto inadeguati. I paesi più coinvolti sono quelli in via di sviluppo dove le infrastrutture sono carenti. Naturalmente in questi paesi lo spreco durante la terza fase, quella del consumo (domestico), è irrisorio.
Nella fase distributiva (soprattutto nella grande distribuzione) la maggior parte degli sprechi avviene nella trasformazione industriale, per esempio si possono avere ingenti perdite a causa di modifiche al packaging, come la creazione di nuove etichette o semplicemente il cambiamento dato da una nuova immagine marchio. Anche il lancio di nuovi prodotti o la creazione di promozioni specifiche va a creare uno stock residuo che rimane invenduto e invendibile. Anche grazie a una forte spinta popolare e all’esempio della Francia, l’Italia nel 2016 ha introdotto una legge che promuove la donazione dei prodotti alimentari invenduti attraverso sgravi fiscali e altri incentivi. Nel primo anno di vita della legge sono state recuperate e donale 4103 tonnellate di alimenti.
L’ultima fase, quella del consumo, (sia a livello domestico che di ristorazione) è quella che conta il maggior numero di caduti nei paesi “ricchi”. Si hanno sprechi a causa della noncuranza delle indicazioni riportate sulle etichette dei cibi, come per la corretta modalità di conservazione. Anche le date di scadenza troppo rigide portano a gettare il prodotto prima ancora che sia effettivamente immangiabile.
Le promozioni, che indirizzano le persone a comprare più quantità di cibo del necessario, con l’imminente data di scadenza alle porte, portano più facilmente a gettare via i prodotti. Ma anche lo stile di vita che porta a fare la spesa una volta a settimana e a riempire il frigorifero facendo “lo spesone” invece che cercare comperare le cose più frequentemente ma in minori quantità. Si potrebbe pensare a modi distributivi diversi, più capillari e moderni per evitare l’eccesso di spesa come i servizi di consegna a domicilio delle cassette di verdura fresca.
Sprechi indiretti e conseguenze alimentari
Va inoltre sottolineato che lo spreco di cibo non va guardato solamente sotto l’aspetto degli sprechi diretti, ma anche di quelli indiretti, cioè lo spreco delle materie prime utilizzate per produrre quel cibo inutilizzato. Basti pensare alla quantità di acqua necessaria alla coltivazione e che stiamo sprecando, ma anche energia, e di sostanze immesse nell’ambiente come fertilizzanti e fitosanitari. Un kg di cibo sprecato contribuisce a rilasciare nell’ambiente circa 4,5kg di CO2, andando a incrementare il cambiamento climatico.
Molti non sanno che l’agricoltura incide circa con un terzo delle emissioni umane di CO2 a livello globale, una quantità molto più alta rispetto a tutti i trasporti e alla produzione di elettricità mondiale, così tanto da poter dire che il cibo è una delle principali cause del cambiamento climatico. Anche il settore zootecnico contribuisce fortemente alle emissioni, ben il 18% sono dovute all’allevamento.
La produzione di cibo va anche a incidere in maniera smisurata sul consumo delle risorse. Escludendo Groenlandia e Antartide, il 40% della superficie terrestre viene utilizzato per la coltivazione e per la crescita dei prodotti alimentari, ciò va ad influire enormemente sulla perdita della biodiversità e sul continuo degrado del suolo.
Va però fatto presente un altro dato veramente importante. Tutti sappiamo come l’acqua è per il mondo e chi lo abita fonte di vita e nutrimento. L’acqua dolce presente sul nostro pianeta, anche se rinnovabile, è una risorsa a dir poco limitata che può diventare scarsamente disponibile. Il 70% delle acque dolci disponibili sul nostro pianeta è impiegato per l’agricoltura (nei paesi in via di sviluppo addirittura il 95%), possiamo quindi affermare che la coltivazione assorbe quasi la totalità delle risorse idriche globali.
Sprecare cibo significa quindi sprecare importanti risorse naturali e contribuire inutilmente ai cambiamenti climatici del pianeta.
Cosa possiamo fare?
Può essere difficile, come individui, apportare cambiamenti alla coltivazione e produzione di cibo, ma come consumatori possiamo fare scelte consapevoli negli acquisti e nel nostro stile di vita e come cittadini possiamo cercare di influenzare leggi e politiche per limitare lo spreco alimentare. Ecco alcuni consigli per mangiare in modo ecologico:
1. Acquista prodotti alimentari locali
Con la ricerca di prodotti locali si va ad influire in maniera positiva su diversi elementi. In primis privilegiando prodotti tipici si va a contrastare l’impoverimento dell’agrobiodiversità, causato dalla coltura sempre delle stesse varietà di piante e razze di animali. Si va inoltre a sostenere l’economia locale e la filiera italiana, spesso schiacciata dai prezzi competitivi esteri. Anche le emissioni diminuiscono, basti pensare all’inquinamento dovuto ai lunghi trasporti, che va anche ad influire sulla freschezza del prodotto.
2. Mangia prodotti di stagione
La scelta del prodotto di stagione è sicuramente la migliore. Comprare un pomodoro in inverno vuol dire farlo arrivare da molto lontano, andando ad inquinare con i lunghi trasporti, perdendo di freschezza e nutrienti presenti originariamente nella verdura. Inoltre, se coltivato in serra, va ad incidere maggiormente sull’ambiente a causa del mantenimento dell’illuminazione e delle temperature di coltivazione.
3. Diminuisci i consumi di carne
La produzione di carne è in costante aumento, dal 1980 al 2010 il numero di pollame destinata al consumo è aumentata del 169%, passando da 7,2 miliardi di capi a 19,4 miliardi, mentre la popolazione di bovini è cresciuta del 17%, arrivando a ben 1,4 miliardi di animali. Per ottenere 1kg di carne di manzo sono necessari 15 kg di cereali e soia, 15000 litri di acqua e si emettono circa 68 kg di CO2eq. Nell’allevamento tradizionale le deiezioni degli animali vengono assorbite dal terreno rientrando nel ciclo naturale di concimazione, mentre in quello intensivo (senza terra) devono essere smaltite. Il consumo della carne in Europa è il doppio rispetto alla media mondiale, in Italia si stima un consumo di 90 kg di carne pro-capite, oltre qualsiasi dieta e raccomandazione salutistica.
4. Fai la lista della spesa
Per ridurre gli sprechi domestici è buona regola farsi una lista della spesa, attenersi ad essa e controllare le date di scadenza di un alimento prima di comperarlo e riporre gli alimenti in frigo massimo un’ora dopo, negli scomparti giusti. Fai ruotare gli alimenti, porta avanti quelli che stanno per scadere e dietro quelli con la data di scadenza più lunga. E ricorda, mai andare a fare la spesa affamati! Rispolvera anche le abitudini della nonna, prendi un po’ di tempo per scrivere il menù della settimana e cerca di acquistare solo quello che ti serve, un ottimo modo per risparmiare ed evitare di sprecare.
5. Non acquistare cibi con troppo packaging
Il 40% dei rifiuti prodotti da una famiglia è costituito da imballaggi, e vengono prodotti ben 528kg pro-capite di rifiuti, per un costo medio di gestione di 186€ a famiglia annuali. La soluzione può essere di prediligere prodotti sfusi, con zero packaging, e riutilizzare il più possibile quello inevitabile. È anche buona norma portare sempre con sé una shopper in tessuto, sempre pronta a sostituire quella di plastica! Si può pensare anche di provare dei servizi di spesa diversi, tipo il GAS, per fare almeno parte della spesa attraverso servizi che non creano imballaggi eccessivi e usano prodotti di stagione.
6. Bevi acqua del rubinetto
Gli italiani sono i più grandi consumatori d’Europa di acqua in bottiglia, con ben 192 litri a testa, totalmente indifendibile sotto il profilo ambientale. È assolutamente insensato trasportare, per l’uso domestico, ingenti quantità di acqua in bottiglia, andando a creare alte quantità di emissioni, così come per la creazione e smaltimento delle bottiglie in sé.
7. Evita gli sprechi ai fornelli
Si può pensare di creare meno inquinamento semplicemente seguendo alcune accortezze: cuoci più alimenti insieme nel forno e concludi la cottura a forno spento, con il calore residuo. Anche l’uso del coperchio nelle pentole riduce i tempi di cottura e di conseguenza l’energia utilizzata.
8. Fuori casa
La legge introdotta nel 2016 per ridurre lo spreco alimentare è stata promossa fortemente per iniziativa popolare anche grazie a una petizione su change.org. La legge ha già sortito un buon effetto, permettendo la raccolta e la donazione di oltre 4 tonnellate di alimenti in un anno. Come cittadini possiamo aderire alle campagne come questa e contribuire direttamente anche promuovendo la legge presso esercizi come negozi, ristoranti o scuole che frequentiamo, magari promuovendo un’iniziativa per il 4 Febbraio, giornata contro lo spreco alimentare. Oppure possiamo sostenere associazioni come Legambiente, ActionAid e WWF che promuovono campagne contro lo spreco alimentare. Esistono poi molte associazioni di recupero cibo che lavorano per sopperire a questi ingenti sprechi di cibo. È l’esempio di Last Minute Market, un’iniziativa sociale nata da uno studio dell’Università di Bologna che lavora per una maggiore sensibilizzazione e il recupero degli alimenti, sviluppando progetti e servizi per la prevenzione e riduzione degli sprechi. Infine, un’iniziativa divertente è la disco-soup, movimento mondiale promosso in Italia da Slow Food che organizza cene in piazza aperte a tutti dove tutti i partecipanti contribuiscono con cibi inutilizzati che non vengono sprecati.