LA MATERNITÀ NEL MONDO
di Miki Miljian - @likemiljian
Lo sapevate che... Sull’isola di Bali, in Indonesia, i piedi di un neonato non possono toccare terra per i primi tre mesi di vita. Secondo questa tradizione, infatti, fortemente legata al principio induista della reincarnazione, il neonato è considerato un essere sacro, trattato con venerazione. È solo dopo i primi 105 giorni di vita che, con una grande cerimonia, chiamata nyabutan, e con una serie di rituali di purificazione, viene fatta toccare terra al bambino. È il primo vero benvenuto per la sua venuta su Terra.
Sempre sull’isola di Bali, quando nasce un bambino, è rituale bruciare la placenta nel giardino di casa. Ma lo stesso avviene anche nella tradizione Maori. Anzi, una volta seppellita la placenta, i maori ci piantano sopra un albero di cocco, ed è credenza che secondo come l’albero crescerà si potrà prevedere se il bambino avrà una vita forte o cagionevole.
In Marocco, gli angoli della stanza in cui sta per nascere un bambino sono cosparsi di henné e sale, per delimitare i confini e tenere lontani gli spiriti maligni. Stessa preoccupazione per tutte le civiltà che derivano dalla più antica Maya. Basti pensare che in Guatemala, ad esempio, le donne incinte sono solite non uscire di casa per nove interi mesi proprio per proteggere il bambino dagli spiriti malvagi all’esterno.
Il Vietnam è una società fortemente matriarcale, e essere donna, da sempre riconosciuta come figura forte e centrale, soprattutto grazie alla forte eredità storica di guerriere impavide, è un onore. Durante il Mua Vu Lan, il giorno corrispondente alla settima luna piena del calendario lunare, le donne vengono celebrate e i figli devono esprimere la propria gratitudine alle loro madri. Una volta partorito, però, attenzione a dire sempre a una donna vietnamita che suo figlio è proprio brutto. Sì, proprio brutto, perché è credenza che gli spiriti malvagi siano attratti solo dai bimbi belli.
In Polinesia, le donne incinte sono coccolatissime. L’intera comunità è coinvolta nell’assicurarsi che la donna stia il meglio possibile, e vengono anche massaggiate regolarmente dalle ostetriche dei villaggi.
In Egitto, i bambini restano senza nome per i primi sette giorni di vita. Secondo una tradizione locale, è solo il settimo giorno, con una celebrazione chiamata Sebou, che i bambini vengono considerati finalmente su Terra.
Durante il parto in Giappone non è usanza usare antidolorifici. Secondo un principio buddhista, infatti, il dolore del parto è il primo passo di una donna verso la sua forza di affrontare le difficoltà della maternità. Per questo la maggior parte di donne giapponesi non considerano l’epidurale. Dopo aver partorito, inoltre, la nuova mamma per tradizione si trasferisce a casa dei suoi genitori per un mese, e i primi venti giorni li trascorre a letto, per recuperare le forze e tessere il legame con il suo bambino. Durante questo periodo, amici e parenti possono venire a trovare la mamma e il bambino, e insieme viene mangiato un piatto celebrativo chiamato osekinah, riso rosso con fagioli rossi. E quando un neonato strilla? Nessun problema in Giappone, anzi, festival come il Nakizumo addirittura celebrano il pianto del bambino. È credenza che un bambino che piange forte e spesso è ben in salute e crescerà meglio e più in fretta.
L’Olanda è il paese al mondo in cui partorire in casa è visto con la più estrema naturalezza. Il 30% delle donne partorisce in casa.
È dal 1930 che in Finlandia i genitori in attesa ricevono dallo Stato un Baby Box, un cartone al cui interno si trovano le prime necessità per un neonato, come vestiti, pannolini, biberon e un kit di primo soccorso. Ne viene consegnato uno per ogni bambino in procinto di nascere, a prescindere dalla condizione sociale della famiglia. Il cartone diventa anche il primo lettino per il bambino. Fornito di materassino, è diventata usanza che i genitori mettano il bambino all’interno del cartone a dormire durante i primi giorni di vita, e questa abitudine sembra funzionare, dato che la Finlandia ha il più basso tasso di mortalità infantile del mondo.
In Nigeria c’è la tradizione del Omugwo, che mira a non far sentire sola la mamma dopo il parto. È usanza, infatti, che a fare il primo bagno al neonato sia la nonna, e se lei non è disponibile una zia, un’amica o una donna vicina alla nuova mamma. Questo per farla sentire sempre supportata dalla comunità, e per rendere le prime difficoltà dopo la nascita condivise e quindi più leggere.
In Ecuador il padre da alla donna che sta per partorire una sua maglietta da tenere durante il parto, che la credenza popolare vuole le dia forza. In Cina le donne incinte non toccano la colla, in Corea del Nord la prima che deve essere avvisata del futuro arrivo del bambino è la suocera. In America Latina è normale usanza la cuarantena: mamma e bambino stanno in assoluto riposo a letto per i quaranta giorni successivi alla nascita. In Germania il nome che i genitori decidono di dare al bambino deve essere approvato dal governo.
Miki Miljian
Micaela Savoldelli
Micaela Savoldelli, da tutti conosciuta come Miki Miljian, è autrice, impren- ditrice e scrittrice. Per tre anni, insieme al compagno di vita Julien e ai figli Teo, Lia e Milo, che si è aggiunto all’equipaggio lungo il percorso, ha girato il mondo no-stop. Ora vive a Bali.
È la penna dietro le avventure che entusiasmano sui socials e sul web: Like Miljian, ossia la storia della famiglia che lasciò’ tutto per partire alla scoperta del mondo.
Femminista convinta e ambasciatrice di una visione della maternità libera e moderna, la potete trovare su uno sgabello di qualche street food vietnamita
a mangiare Bo Bun, con un cappello da cow boy nel deserto di Joshua Tree in California, in kimono a Tokyo, nelle risaie balinesi. Ama incontrare persone e raccontare storie.
A giugno l’uscita del suo primo romanzo.
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