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CARO TATA
La corrispondenza de La Tata Maschio con i lettori
Caro tata,
ci piacerebbe avere un tuo parere circa questa situazione che ci sta davvero logorando.
Non ammettiamo esclusioni, il mettere da parte qualcuno, non farlo sentire a suo agio in un contesto che i bambini vivono tutti i giorni. Sarà anche la scuola dell’obbligo, ma come facciamo ad obbligare nostro figlio ad andare a scuola se viene deriso o escluso solo perchè diverso, diverso nel colore della pelle, nel parlare e nella sua statura? Possibile che ancora oggi ci sia questa discriminazione? La scuola dovrebbe educare all’inclusione, ad aspettare i tempi di tutti, a coinvolgere ed aiutare. Oggi abbiamo perso un po’ le speranze. Parlato con la scuola? Fatto. Affrontato qualche genitore? Fatto.
Quando ci hanno comunicato che aspettavamo un bambino, quel bambino tanto desiderato, prima visto in foto e poi con il tempo conosciuto e a cui oggi ci siamo affezionati come fosse figlio nostro, non potevamo crederci! Dopo tutta la burocrazia che abbiamo dovuto affrontare insieme all’attesa, ai viaggi e alla speranza che qualche volta abbiamo messo da parte, ce l’avevamo fatta.
Quel bambino tanto desiderato e che ci ha reso genitori felicissimi, che ha sofferto, che si è sentito abbandonato già una volta, oggi deve ancora affrontare disagi e quella sensazione di non essere accettato. Quanta rabbia sentiamo e vediamo in lui! E infatti da quando ha iniziato ad essere escluso a scuola, con noi è cambiato. È arrabbiato, risponde male, i suoi occhi sono tristi e non sappiamo dove aggrapparci per riuscire a far tornare Joseph come era prima.
Ci rivolgiamo a te, per avere un confronto e un conforto. Le tue risposte sono sempre centrate, con un punto di vista diverso che ci aiuta a riflettere ogni volta.
E quindi, Tata, come possiamo aiutare nostro figlio a sentirsi una persona amata e che vale, a fargli capire che il suo essere come persona e per quello che ha vissuto ha un valore in più? Se evidentemente dovrà sempre lottare per essere accettato, cosa fare perché l’ambiente intorno a lui sia più accogliente, comprensivo e tollerante?
Speriamo nella tua bacchetta magica…
Un caro saluto
Giovanna e Paolo
Cara Giovanna, Caro Paolo,
colgo tutta la vostra frustrazione, e vi ringrazio per aver pensato che in questo spazio poteste trovare un po’ di quell’accoglienza che, da quanto mi raccontate, manca sovente a vostro figlio, e a voi, con lui. Posso immaginare la sofferenza di Joseph, ciò che assedia la nostra identità si configura dentro di noi come una sorta di maleficio a cui sembra di essere condannati a vita, senza vie di fuga. E spesso, purtroppo, l’ostilità del mondo lo rende in effetti tale, precludendo a qualcuno un’esistenza che possa definirsi degna, solo per il fatto di essere nato in un determinato corpo.
Una bacchetta magica, ahimè, non la possiedo. Solo la patrona di noi tate Mary Poppins ne è dotata! Però possiamo provare a utilizzare un altro elemento che, tanto nelle fiabe quanto nella vita reale, si rivela spesso magico: lo specchio. Magico nel duplice significato introspettivo ed estrovertivo: fare appello alle nostre forze ed energie interiori, attingendo talvolta anche da “spiriti” antichi e dei nostri antenati, all’interno della storia familiare, per provare a esercitare un’influenza sulle nostre vite esteriori. In altre parole: non potendo cambiare noi, da soli, lo status quo in tutto e per tutto, per arginare lo scoraggiamento credo sia importante prendere coscienza di qual è il pezzetto su cui possiamo intervenire e verosimilmente imprimere un andamento diverso.
Penso sia importante agire sul piccolo, per l’appunto. Vedo che le persone, se messe nelle condizioni di incontrare l’Altro, incontrarlo nella sua verità, senza essere preceduto da pregiudizi pretestuosi o ignoranti, incontrare l’Altro per chi è e come è, una persona davanti a un’altra persona, beh a meno che non si sia individui orribili – e in quel caso la distanza è l’unica salvezza – qualcosa si muove, qualche consapevolezza cambia, certi preconcetti si sbriciolano. È nella relazione più vicina, nel gruppo ristretto, se non addirittura nella possibilità di relazionarsi uno a uno, al di fuori di cornici che nella sostanza poco si discostano dalla superstizione o dal malocchio, che lo scontro lascia il posto al confronto.
E prima ancora del mondo intero, ciascuno di noi ha bisogno di sentirsi intero per il suo mondo, che siete innanzitutto voi. Tu, Giovanna, e tu, Paolo. Coraggio!
Lorenzo
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