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Ansia e scuola: breve guida per genitori

a cura della psicologa Monica Toccaceli @mammamo

 

"Mamma ho mal di pancia, non voglio andare a scuola”

“Non sono capace!”

“Ma se poi mi prendono in giro?”

“E se la maestra mi sgrida?”

“E se poi sbaglio la verifica?"

Queste frasi vi suonano familiari? Sono certa che la risposta sia “sì” e spesso come genitori siamo sorpresi di notare nei nostri figli questi atteggiamenti e questi vissuti perché fino a quel momento, cioè prima di iniziare la scuola, non erano mai stati così preoccupati o, per usare un termine oggi molto diffuso, così ansiosi. L’ansia è un concetto molto complesso e stratificato ed oggi, nel linguaggio comune, si tende ad usare per spiegare uno stato di agitazione e preoccupazione che può andare dal normale e fisiologico fino al patologico che ci fa provare angoscia e letteralmente ci blocca nella nostra vita. Le sfumature nel mezzo sono tantissime e spesso dipendono dalle situazioni contestuali o dai trattidella nostra personalità.

 

                       

 

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Perché la scuola scatena le "ansie dei bambini"?

Se dovessimo dire per quali motivi i bambini vivono esperienze di ansia quando iniziano il percorso scolastico potremmo riassumerli in alcuni punti:

- La fatica a lasciare l’ambiente famigliare e il genitore con il timore latente di non ritrovarlo più;

- I ritmi spesso incalzanti non adeguati all’età del bambino;

- Il timore di non essere accettati nel gruppo o di essere trattati male;

- La pressione delle aspettative;

- I voti ed il confronto con il giudizio;

- Il disagio nei confronti dell’insegnante.

 

 

Da cosa capisco che mio figlio potrebbe avere ansia legata alla scuola?

Le motivazioni che ho elencato non sono consapevoli per il bambino e spesso non vengono esplicitate in modo diretto; è molto più frequente che il bambino inizi a dire che non vuole andare a scuola e, di fronte al normale atteggiamento del genitore che non può assecondare questa richiesta, inizino ad emergere “sintomi” di malessere, dal mal di testa o di pancia alle crisi di pianto accompagnate a volte anche da altre esternazioni fisiche come i tremori per esempio. A volte i nostri figli possono diventare perfezionisti, avere molte preoccupazioni per esempio riguardo la puntualità o gli errori nei compiti; è frequente che cerchino rassicurazioni e ci facciano continue richieste di approvazione. Questi comportamenti possono manifestarsi in modo continuativo rendendo il bambino più suscettibile, meno collaborativo, più disregolato e con alcuni comportamenti regressivi.

Spesso noi genitori siamo portati a vedere solo l’esternazione più eclatante del disagio e non abbiamo l’abitudine ad osservare le esperienze emotive che la precedono. Sarebbe davvero importante riuscire a cogliere i primissimi segnali o addirittura provare a prevenire evitando alcuni atteggiamenti (spesso inconsapevoli e del tutto istintivi) che tendono a favorire la comparsa e lo strutturarsi dell’ansia.

 

 

Come genitori, quindi, cosa possiamo fare?

Quando i nostri figli iniziano il loro percorso scolastico, la scuola e tutto quello che gira attorno ad essa (per esempio i compiti, gli orari da rispettare, il rapporto con i compagni e le insegnanti) diventano centrali nelle nostre vite famigliari e nelle dinamiche educative.

Proprio per questo, l’esperienza scolastica dovrebbe diventare un’occasione per andare verso il primo obiettivo che come genitori dovremmo avere: creare e consolidare una relazione positiva con nostro figlio, che è l’unica base che ci permetta di accompagnarlo verso uno sviluppo sano ed equilibrato. Il percorso scolastico è lungo, occupa praticamente tutta l’età evolutiva e non è una questione che si gioca solo a scuola o che riguarda solo l’apprendimento. Ci sono alcune riflessioni che possono aiutarci ad arrivare “preparati” all’inizio della scuola e a viverlo senza essere guidati da stereotipi e luoghi comuni che non abbiamo mai davvero messo in discussione e che spesso sono alla base dell’ansia che i bambini e i ragazzi manifestano nel contesto scuola.

- L’istruzione (intesa come acquisizione di conoscenze tecniche e culturali mediante un insegnamento sistematico) è solo uno dei tantissimi compiti evolutivi dei bambini:

- Il rendimento scolastico non è la fotografia di nostro figlio come persona: è solo una valutazione di una prova fatta in un preciso momento o della media di queste singole prove. Tra l’altro la valutazione non è neanche la misura oggettiva di un apprendimento o dell’impegno che non sono direttamente misurabili ma è quello che l’insegnante può evincere da quanto prodotto nella prova;

 

 

- L’apprendimento è molto più di una questione cognitiva: le neuroscienze oggi ci confermano quello che un po’ avevamo sempre sospettato: bisogna stare emotivamente bene per andarebene a scuola!

- Le fatiche scolastiche non andrebbero liquidate come occasioni per sottolineare l’inadeguatezza di nostro figlio ma come occasioni per capire cosa sta succedendo nel suo mondo. Ai nostri figli serve qualcuno che si accorga delle loro fatiche e gli dia un senso;

- Il percorso scolastico di nostro figlio non è il nostro ma il loro; dobbiamo imparare a fare qualche passo indietro e a non vivere in prima persona la loro esperienza. Il brutto voto non è nostro, se nostro figlio non fa i compiti non focalizziamoci sulla brutta figura che faremo noi genitori, le fatiche di nostro figlio non sono la fotografia della nostra inadeguatezza come genitori e così via...

- Ai risultati andrebbe riservata davvero pochissima attenzione mentre il nostro focus dovrebbe sempre essere rivolto al percorso, ai piccoli progressi mettendoli in luce ed evitando il confronto con gli altri;

- Proviamo a non cadere nella trappola del “mi basta che ti impegni”. Mi spiego meglio: l’impegno non è solo una questione di volontà e soprattutto la misura dell’impegno è soggettiva: il loro massimo potrebbe non essere sufficiente. Dovremmo provare ad ampliare questo concetto includendo il concetto di progresso (sempre rispetto a se stessi);

- Attenzione ai giudizi: positivi o negativi i giudizi sono sempre giudizi e rischiano di trasmettere un messaggio fuorviante: il mio valore come persona, la stima dei miei genitori dipende dalla mia prestazione, dipende dalla mia capacità di non deludere le aspettative.

 

 

Può sembrarci una vera rivoluzione rispetto a quello che siamo abituati ad agire, ma facendoci caso, piano piano possiamo davvero trasformare il nostro approccio in qualcosa che genera fiducia e non ansia!

 

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Monica Toccaceli, psicologa

Mi chiamo Monica Toccaceli. Le cose più importanti da sapere su di me è che sono una mamma e una psicologa. Ho 45 e vivo a Bologna con mia figlia quasi ventenne e il mio compagno. Sul web sono Mamma Mo' e mi piace definirmi psicologa per genitori in crescita: ti aiuto a capire tuo figlio e a relazionarti con lui senza urla e conflitti.

 

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